(Terranuova in Valdarno, Arezzo, 1380 - Firenze 1459) umanista italiano. Avviato alle lettere da Coluccio Salutati, amico e corrispondente di L. Bruni e di N. Niccoli, nel 1403 divenne abbreviatore apostolico a Roma e poi, come segretario apostolico, fu al concilio di Costanza (1414-18) con l’antipapa Giovanni XXIII. Trasse occasione dal suo ufficio per numerosi viaggi alla ricerca di codici antichi; a lui si deve, infatti, la scoperta di molte orazioni di Cicerone (due a Cluny nel 1415 ca e sette a Langres nel 1417), delle Institutiones oratoriae di Quintiliano (a San Gallo nel 1416-17), del De rerum natura di Lucrezio, delle Silvae di Stazio, delle Puniche di Silio Italico. Perso l’incarico per la deposizione di Giovanni XXIII, dal 1418 al 1422 dimorò in Inghilterra; poi fu di nuovo a Roma e, dal 1453 al 1458, a Firenze come cancelliere della repubblica.In B., spirito inquieto, arguto, polemico, talora francamente iroso, seguace della morale attiva dell’umanesimo fiorentino, è tuttavia avvertibile una vena nuova di pessimismo; non tanto nei dialoghi De avaritia (1428-29) e Contra hypocritas (1448), quanto nel De infelicitate principum (1440), nel De varietate fortunae (1448) e nel De miseria humanae condicionis (1455). Oltre alle Historiae florentini populi (1454-59), volgarizzate dal figlio Iacopo, ha lasciato vigorose «invettive» (famose quelle contro L. Valla), un vivace epistolario e un Liber facetiarum (motti, facezie e novellette composte fra il 1438 e il 1452), in cui il suo uso sicuro della lingua latina, modellato sull’esempio ciceroniano, assume modi, forme e ritmi narrativi vicini alla lingua parlata fiorentina. Come umanista, B. sostenne una filologia che è più passione e partecipazione che tecnica e metodo; a lui va inoltre riconosciuto il merito di aver creato un tipo di scrittura libraria, quella «umanistica», che subito si impose e caratterizzò anche esteriormente i prodotti della nuova cultura.